2° Viaggio in Irlanda (febbraio/marzo 2025)

Anche quest’anno si ripete l’esperienza dello stage in Irlanda con i miei alunni di terza. Nuova classe e nuovi studenti, ma l’emozione e l’eccitazione forse è ancora di più. Quest’anno so già di andare in un luogo che amo, so già quanto è magico questo paese… Quest’anno è Cork la nostra meta. L’anno scorso avevamo subito visitato Dublino.

Questa volta la partenza è ad un’ora improponibile: le due di notte dalla scuola di Rho, il Mattei. Arriviamo tutti puntuali, e in pochissimo tempo siamo tutti stipati nel pullman. Nessuno ha dormito, eppure i ragazzi cantano al massimo dell’eccitazione.

L’alba in volo

Il nostro aereo decolla alle 5 di mattina, siamo quasi gli unici viaggiatori nell’aeroporto di Orio al Serio. Quando saliamo sull’aereo il cielo è ancora buio, ma basta alzarsi in volo e già si scorge la linea di luce all’orizzonte.


È incredibile il colore del cielo dall’aereo all’alba. Ci sono dei blu che non si vedono dalla città.
Un mare di nubi color blu di Prussia e in fondo sull’orizzonte una striscia di luce color arancio.
E dall’arancio c’è poi il giallo che per incontrare il blu ciano passa dal verde.
Dalle foto non si vede quel verde, è solo un momento… E i colori sono saturi come non si vede mai. Poi quei toni quasi drammatici si ammorbidiscono e si schiariscono e il giallo e l’arancio cedono il posto al rosa…

Cumuli di nuvole come un gregge color carta da zucchero. Sul profilo del mondo i colori dell’arancio e del rosa e salendo verso il cielo ancora quel verde impercettibile che si fonde con l’azzurro, meno brillante ormai, poiché viene bagnato da una luce lattiginosa, eppure così poetico e pacifico: infonde una calma gioia di vedere e di vivere.

E poi la terra finisce, la vedi tra i brandelli di nuvole. La vista si apre e c’è il mare, come uno scudo d’acciaio cattura la luce dal cielo e la restituisce con i toni dell’azzurro e del grigio. E guardando verso il confine tra il mare e il cielo non c’è un bordo netto, ma tutto sfuma gradualmente come se non fossero due elementi diversi. E poi ancora la terra riemerge sono le coste d’Irlanda.

Un cielo blu come di alta montagna al nostro arrivo a Dublino. E luce dorata di un sole diverso che ci invade gli occhi costringendoci a svegliarci nonostante la notte insonne…
E poi la campagna verde come un tappeto in una casa pronta ad accoglierci.
L’aria tersa pulitissima, frizzante e alberi monumentali abitati da corvi orgogliosi e ben pasciuti…
Chiese dai profili appuntiti che indicano il cielo, come astronavi pronte per il decollo. Castelli che sembrano usciti da racconti fantasy con bastioni e torri imponenti che si specchiano su torrenti dalle acque a tratti calme e lucide come vetro scuro, a tratti impetuose e argentate.

Arrivo a Cork

Arriviamo a Cork per l’ora di pranzo. Subito la scuola di lingue che ci ospita ci organizza un tour esplorativo per prendere confidenza con le strade principali. Ovunque ci sono i cartelli con i nomi delle vie in inglese e in gaelico, l’antica lingua dei Celti.
Un po’ come se a Roma ci fossero le indicazioni scritte in italiano e in latino… Anzi non solo a Roma, in tutta Italia.

Però bello questo fatto della doppia lingua. Rende l’idea di un passato misterioso, un testamento spirituale mai dimenticato, l’eredità di un popolo fiero e formidabile – così erano descritti i Celti da Cesare – che le maree della storia ha più volte annientato, senza mai riuscire a distruggere, e che è ormai parte della cultura e del modo di essere di questa gente.
Peccato che l’Italia non provi, né manifesti lo stesso rispetto per l’eredità latina, e l’abbia sostituita con una cultura consumistica globale falsamente moderna, gettando alle ortiche i valori che avevano fatto grande la nostra Res Publica.

Ma lasciamo per il momento i nostri antenati latini, e torniamo all’Irlanda. Le ultime tre foto sono state scattate nel mercato coperto, dove si trovano banchi di prodotti tipici che spaziano dalla panetteria alla macelleria e prodotti ittici, frutta, e vari tipi di the, persino l’immancabile sushi e poké…

Saint Patrick's bridge
Saint Patrick’s Bridge

Dopo il tour orientativo si capisce come si sviluppa la città sul fiume. Simile in parte alla città di Parigi, sebbene più piccola, poiché anche qui il fiume si biforca creando una sorta di isola nel centro della città.
La via principale e il ponte al centro della città sono dedicati al patrono d’Irlanda: San Patrick, un vescovo e missionario celtico di origine romano-britannica vissuto tra il IV e V sec. d.C. Originario della Britannia romana, venne rapito e venduto schiavo in Irlanda dove apprese la lingua gaelica e la mitologia celtica. Si convertì al Cristianesimo e riuscì a fuggire per tornare nella sua famiglia in Britannia. Venne ordinato vescovo e svolse la sua attività come missionario sotto la benedizione del papa, contribuendo alla conversione dal paganesimo al cristianesimo dell’Irlanda. Riuscì nell’impresa poiché seppe ben salvaguardare i culti tradizionali, i simboli e i miti antichi trasformandoli in simboli Cristiani, senza violentare né distruggere il bagaglio di simbolismo e tradizioni popolari.

San Patrick è molto amato dal popolo irlandese persino nelle comunità trapiantate in America o in Australia e tutte le città hanno piazze, e strade a lui intitolate. Il giorno 17 marzo tutta l’Irlanda lo festeggia.

Proseguendo la Via San Patrick verso la cima della collina si arriva ad un punto panoramico che guarda la città. In questa foto è ormai tardo pomeriggio e la luce del sole si è fatta dorata. Sullo sfondo si intravvedono i tetti delle case e i campanili appuntiti o turriti delle chiese.

Fuori dalla Comfort Zone

Infine alla scuola dove siamo ospitati arrivano le varie famiglie dove abiteranno per questa settimana i nostri alunni, e anche noi prof. . .
La mia famiglia non abita a Cork, ma in periferia in una località chiamata Carrigaline, più a sud vicino al mare. Sono un po’ preoccupata poiché studiando su Google Maps avrò ogni giorno 40 minuti di Bus per arrivare a Cork… Sono un po’ agitata, anche perchè sarò sola, l’anno scorso eravamo tutte assieme… Ma in fondo, mi dico che di ogni tanto fa bene uscire dalla propria “comfort zone” e rimettersi in gioco come quando si era giovani e si doveva far tutto per la prima volta.

C’è sempre da imparare a vivere nel senso di ricordarsi di essere in quel momento in cui si vive. Se ci si trova in un contesto diverso dal solito e bisogna stare attenti alla strada nuova, ad esprimersi in una lingua diversa dalla propria, a orientarsi in una città mai vista… Ecco si è più svegli, più vivi. Invece fare sempre le stesse cose, fare sempre la stessa strada, e parlare la lingua con cui si è nati, si finisce per farle in automatico, senza davvero essere presenti.

Perciò accetto l’esperienza con la giusta agitazione che non è paura, ma una sana adrenalina che acuisce la percezione e rallenta ogni dettaglio che così si imprime nella mente con più chiarezza.
Nonostante la lunga giornata di viaggio e le novità mi ritrovo a chiacchierare con la signora che mi ospita in inglese, e mi sento compiaciuta di riuscire a capirla e a esprimermi liberamente.

Che bello essere qui! Mi sento come in un luogo a parte dalla mia vita, fuori dal tempo, come in un sogno, che è iniziato a notte fonda quando siamo partiti e l’aereo è voltato sopra le nubi a vedere l’alba….

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