La Villa del Balbianello è affacciata sul lago di Como, ed è raggiungibile con una breve passeggiata di 20 minuti dal lungolago di Lenno, dove si lascia la macchina al parcheggio. In alternativa si può raggiungere dall’acqua con una navetta taxi, ed è certamente scenografico l’arrivo così, oltre ad essere l’unico modo al tempo in cui venne realizzata.
Ma arrivando dalla passeggiata nel bosco ci si introduce quasi di soppiatto cogliendo le statue alle spalle e lo sguardo corre giù per il pendio incontrando cipressi, lecci e platani… fino alla loggia settecentesca con le colonne adornate da una pianta rampicante di Ficus Repens, che grazie all’arte topiaria è stata forzata ad abbracciare l’architettura quasi a suggerire un pizzo naturale.
Purtroppo la giornata non era splendida e il giardino sebbene carico di boccioli non era ancora esploso nello splendore della primavera. Bisognerebbe tornare tra un mese, penso, per goderne veramente.
La villa sorse dal rimaneggiamento di un monastero francescano per volere del Cardinal Durini, mecenate e letterato, che a fine ‘700 la trasformò nel suo ritiro. Si può infatti tutt’ora riconoscere la struttura della chiesa che è situata affacciata sul lago vicino all’approdo, e che ora al suo interno ospita invece le cucine.
La chiesa infatti non è più consacrata, sono state utilizzate le sue mura per una parte dell’immenso palazzo che si inerpica su più livelli sulla collina a picco sul lago.
A vederla dall’esterno sembra strutturata su diversi edifici indipendenti. In realtà ogni edifico è comunicante con gli altri mediante passaggi nascosti da porte mimetizzate nell’arredamento.
L’ultimo proprietario della Villa è Guido Monzino, figlio dell’imprenditore fondatore della Standa, in cui comunque lavora diventando direttore generale fino al 1966.
A partire dagli anni ’50 si appassiona all’alpinismo per caso quando per scommessa sale sul Cervino accompagnato dal celebre alpinista Achille Compagnoni. Dopo questa impresa inizierà una serie di spedizioni in giro per il mondo, 21 in tutto. Nelle Alpi, in Africa, in America Latina, in Asia e persino al Polo Nord. Animato non solo da un romantico desiderio di ricerca ed esplorazione, ma anche da un desiderio nazionalista di riportare lustro all’Italia.
Alla sua morte nel 1988, non avendo figli, lasciò la villa al FAI per condividere con il mondo le molte meraviglie che aveva visto e vissuto nel corso della sua avventurosa esistenza.
Sotto l’ombrello del grande leccio e foglie sembrano un pizzo che si staglia controluce. Sembra un albero disegnato di quelli che trovi in certi libri di fiabe, in cui la natura è stilizzata in modo da diventare decorazione e ornamento. Qui l’arte topiaria riesce a piegare la natura facendola diventare come fiaba.
E ora entriamo nella casa vera e propria, partendo dall’ala di sinistra della loggia dove Guido Monzino amava ritirarsi per organizzare le sue spedizioni esplorative. Ai muri sono appese diverse acqueforti con scorci del lago di Como.
A me questi scorci del lago illustrati così meravigliosamente fanno pensare a certi paesaggi del Signore degli Anelli…
E poi entriamo invece nell’ala di destra, che è dedicata alla libreria.
Si scende poi di un livello e si entra in un altro edificio, che in verità comunica con la libreria mediante un passaggio segreto. Questa parte della casa è arredata in stile inglese, ed essendo organizzata su più piani sembra un po’ organizzata come un ponte di una nave.
Ovunque sulle pareti troviamo le acqueforti con le vedute del lago e sui mobili e nelle teche vari oggetti e cimeli che colleziona durante i suoi viaggi.
Statuette azteche, africane… accostate con gusto e significative di un animo curioso e alla ricerca di risposte e testimonianze.
Salendo la scala di legno avvolta a chiocciola, si giunge alla soffitta dove sono raccolti i cimeli delle varie esplorazioni e in particolare della spedizione in Groenlandia per giungere al Polo Nord.
Spedizione che Guido sceglie di dividere in tre tratti ripresi in anni successivi, e che realizza affidandosi a guide Inuit e scegliendo equipaggiamento totalmente confezionato da loro.
Collezione di statuette che rappresentano mostri e personaggi della mitologia Inuit realizzate in avorio…
Ridiscesi dalla soffitta si torna al livello dell’ingresso di questo edificio e si scende ancora di un piano giungendo così alla zona della casa arredata in stile francese.
Meraviglioso questo specchio dorato e il marmo bianco del camino e il cavallo in terracotta che contrastano con la tappezzeria blu turchese.
Mentre al piano di sopra i quadri erano dedicati soprattutto alle vedute del lago, da qui in poi troveremo soprattutto dipinti ad olio sottovetro. Ciò vuol dire che il quadro viene dipinto in ordine inverso rispetto ad un quadro ad olio. Infatti se si dipinge a tempera o a olio o acrilico prima si fanno le campiture di colore degli sfondi. Poi si procede particolareggiando sempre più per sipari sovrapposti avvicinandosi sempre più all’osservatore. Perciò si dipinge dal lontano al vicino.
Invece nella pittura sottovetro bisogna prima dipingere i particolari vicini all’osservatore e per ultimo gli sfondi. E quindi si dipinge dal vicino al lontano. Non è per niente facile in realtà, molto meno intuitivo dell’altro modo, perchè non si può correggere.
E le foto purtroppo hanno sempre il difetto di avere il riflesso della luce delle lampade sul vetro.
Infine si arriva ad un locale adibito al fumo, infatti Guido collezionava pipe e aveva una stanza con l’umidità giusta per la conservazione del tabacco.
Bellissimi questi due monaci dorati! E anche queste statuette cinesi simili al cavallo di terracotta sopra il camino nella stanza blu turchese.
Nelle ultime stanze troviamo infine lo scrittoio rosso e il meccanismo dell’orologio.
Progettato nel 1883 da Cesare Fontana e restaurato dal FAI nel 2012 grazie al contributo di Rolex Italia.
In occasione del restauro il meccanismo è stato spostato in una nicchia esterna alla torre e collegato
al quadrante dell’orologio in cima al campanile attraverso un nuovo ingegnoso sistema di trasmissione. Si sta parlando ovviamente delle due torri della chiesa francescana che abbiamo visto prima dal giardino.
Una curiosità: questa è la terrazza dove hanno girato Star Wars Ep. II l’Attacco dei Cloni. Qui sotto queste fronde si sono sposati in segreto Anakin Skywalker e Amidala Padme. Ecco il video che ho realizzato con la musica giusta:
Mi piacerebbe ritornare a vedere il giardino tra un mese, con i fiori sbocciati e il cielo di sole e d’azzurro.
Chiudo la gita con la visita alla tomba di Guido Monzino, che si trova proprio qui. Il suo stemma è il cervo in cima alle montagne che guarda il sole, in linea con il Motto che diceva sempre Guido: “un passo alla volta, si scalano le montagne” ovvero “Gradatim conscenditur ad alta”.
E io penso che tutti dovremmo averlo questo motto, per vincere la paura di affrontare le cose complesse, per vincere la pigrizia, per vincere il procrastinare eterno… e porsi sempre obiettivi alti non solo nel senso di difficili, ma soprattutto valevoli, meritevoli.