Al castello di Novara anche quest’anno, come l’anno scorso, troviamo una mostra sempre sui pittori dell’800: in particolare gli italiani Boldini e De Nittis che furono tra i primi e più notevoli pittori italiani che si trasferirono in Francia per confrontarsi con gli artisti francesi e per ampliare il proprio mercato.
Come già per la mostra dell’anno scorso, anche questi pittori hanno la capacità di fotografare persone e ambienti dell’epoca e offre al visitatore uno sguardo nel passato, come se passando tra quelle sale, non fossero quadri, bensì finestre di una macchina del tempo. Li trovo sempre affascinanti questi pittori per questo motivo.
I quadri, come fotografie, ti portano lì in quei prati assolati, ad assistere a feste popolari, e vedi costumi bagnati dal sole sfolgoranti nella luce della prima estate.
Di questo quadro non mi colpivano tanto i volti, ma la maestria nel rendere la luce sul tessuto bianco. Che se poi guardiamo da vicino non è veramente bianco, poiché ci sono dei viola, dei blu, dei marroni.
Ma è proprio grazie a queste ombre di viola e di blu e marrone, che salta fuori il bianco.
Anche questa strada assolata rende così bene la stagione estiva, sembra quasi di sentire l’odore della polvere sottile come talco, il raglio dell’asino caricato di stoffe, e il cielo sconfinato reso così profondo proprio grazie alle nuvole che rimpiccioliscono verso l’orizzonte.
Ritratti di donne colte a loro insaputa si direbbe…
Una natura straordinaria, dove l’uomo sembra ritirarsi a riposare e contemplare…
Ragazze colte un attimo prima che si mettano in posa per la foto…
E momenti magici, in cui essere tutt’uno con la persona che vive in quel quadro: la gioia della pattinata sul ghiaccio di madreperla. La luce dell’inverno racchiusa in quel ghiaccio e quella neve.
Attimi immortalati che appartengono ad un’epoca immaginata leggendo i libri di storia: la rivoluzione industriale, la Belle Epoque…
L’ultima sala è un tributo alla bellezza femminile: donne ritratte con abiti della Belle Epoque, bellissime, immortali, immense. Tele grandi quanto una parete, di solito queste dimensioni vengono tributate ai santi e alle immagini religiose. Vi è in queste donne qualcosa di sovrannaturale in effetti, eppure una bellezza che non era raggiungibile per tutte. E chi lo sa se non era anche questa bellezza una maschera di vacuità, di pochezza di spirito e di intelletto? Chi lo sa se anche queste fanciulle erano malate di autocompiacimento, di apparenza e di ricerca di consenso?