Eccomi qua di ritorno dalle vacanze al mare a recuperare un po’ di arretrati. Questa mostra risale al 25 giugno. Siamo stati allo spazio Tenoha a Milano in via Vigevano a vedere la mostra allestita con i disegni di Bejamin Lacombe sulle Donne Samurai.
Come la precedete mostra dedicata agli spiriti e mostri del Giappone, quest’ultima è anch’essa esperienziale e immersiva, ovvero i disegni di Lacombe hanno ispirato delle vere e proprie scenografie e istallazioni in cui il visitatore si muove e interagisce. Si arrivano a comprendere e apprezzare molto di più le storie e i disegni dell’artista che le ha sapute raccontare.
Immaginate la cultura medievale giapponese, fortemente patriarcale e costruita sui valori dell’onore e del sacrificio. Ora immaginate in questo contesto quanto dovevano essere straordinarie queste donne che hanno lasciato un ricordo di sé, come guerriere, come individui a sé stanti dall’archetipo che era costume per loro. Le figlie perfette, le mogli perfette, le madri perfette. Queste donne erano samurai, guerriere, temute e rispettate quanto i samurai maschi del loro tempo. Nei disegni di Lacombe rivivono le loro gesta, le loro ambizioni, le loro fragilità, i loro amori. All’ingresso una porta da oltrepassare ci separa dal nostro tempo e dal nostro mondo, immergendoci in questa mostra viviamo un non tempo e un non luogo, poiché entriamo nei quadri di Lacombe, entriamo nelle storie di queste samurai.
Donne che non hanno accettato il ruolo per cui erano viste, il ruolo che i loro genitori, la società e tutti le avevano ingabbiate. E hanno avuto la forza, la determinazione per cambiare il personaggio di cui erano maschera, e sono diventate altra maschera. Donne forti, che pur mantenendo un cuore e un’anima femminile, hanno scelto di essere guerriere, distruttrici a volte per poi essere creatrici, comunque capaci di amore struggente e disperato. Insomma una categoria a sé dalle donne del loro tempo.
L’Imperatrice Jingu
Queste donne sono sempre personaggi drammatici, poiché incarnano la vita la creazione e la sofferenza, la morte. Troviamo l’imperatrice Jingu che per sottrarsi al destino di sottomissione si nasconde nelle profondità del mare, fino ad apprendere l’arte della guerra e rovesciare completamente le sorti della battaglia, diventando così guida indiscussa del suo popolo.
L’imperatrice Jingu
Alla morte di suo marito l’imperatore, Jingu si allontana su una barca nel mare, per sottrarsi alle logiche di potere di palazzo che sicuramente le avrebbero tolto il trono e l’autorità. Sebbene fosse in cinta di suo figlio, si nasconde nelle profondità del mare, protetta dal Dio del Mare, sospende la gravidanza e intanto impara l’arte del guerriero, a tempo debito ritorna sulla terraferma e guida il suo popolo contro i nemici che li accerchiavano approfittando dell’instabilità politica.
Sempre la morte a scolpire queste storie con l’accuratezza e l’ineluttabilità di una katana, e la bellezza della natura, muto testimone dello scorrere inesorabile del tempo. Mi viene in mente la poesia dei samurai sui petali dei crisantemi, che avevamo visto alla mostra di Monza sugli spiriti del Giappone.
La morte, i samurai. l’arme, l’atroci imprese io canto. Mondo di sofferenza eppure i ciliegi sono in fiore. Non un grano di polvere si posa a turbare il chiarore del crisantemo bianco. Scendono le ali delle farfalle, che si spingono fino ai crisantemi selvatici. Il suono della campana si perde nel cielo ma il profumo dei fiori Risuona nei nostri cuori L’erba estiva è tutto ciò che rimane del canto dei guerrieri.
E tutto lo spazio allestito come un ambiente antico giapponese, con colori, profumi e luci che ti portano in un luogo lontano, in quei racconti, in quei disegni.
Tomoe Gozen
Tomoe Gozen è la fanciulla che decide di essere guerriera poiché si sente pervasa dalla potenza dell’orsa e si innamora del ragazzo che impara ad essere un samurai assieme a lei. Lei sola riesce a domare la cavalla selvaggia che non si lasciava montare da nessuno.
Quanto è struggente la morte di lui e l’ostinazione della fanciulla a salvare la testa del guerriero, per dargli degna sepoltura e finalmente dargli il bacio d’amore che mai aveva potuto dargli, poiché ai suoi occhi ella non era neanche una sua pari, era solo una donna, e lui non aveva voluto nemmeno che lei fosse presente alla sua morte.
Se osservate attentamente questa immagine, il volto della fanciulla è separato dalla spada in due metà: la donna a destra della spada, e un fantasma a sinistra. Un presagio della morte che preda tutti, anche i guerrieri più valorosi e invincibili.
Ispirate alle storie e ai disegni, sono allestite le stanze, dove il visitatore viene immerso nella battaglia, e nell’imminenza della morte.
La cerimonia del The
Negli ambienti dove è allestita la mostra troviamo salottini con teiere, dove si può assaggiare il tradizionale the giapponese.
L’esposizione è talmente immersiva, che è possibile indossare un kimono e prendere una katana (ovviamente giocattolo) per sentirsi per un attimo una di queste guerriere.
Le sorelle vendicatrici
Molto bella la storia delle due sorelle vendicatrici: due fanciulle che vivevano in campagna in estrema povertà. Per fuggire da un destino di miseria e stenti una delle due fugge di casa lasciando l’altra ad accudire l’anziano genitore. Poiché è molto bella diventa una geisha molto apprezzata per le sue doti, la sua estrema grazia l’abilità nel canto e nella danza e nell’intrattenere gli ospiti su qualsiasi argomento o arte.
Alla morte del padre, crudelmente assassinato da un samurai sbandato, la sorella povera va alla ricerca della sorella bella. Le due fanciulle si ritrovano.
La geisha non vorrebbe immischiarsi in questa storia, poiché sua sorella ricerca vendetta per il padre. Ma nella solitudine della sua stanza trova la forza e la determinazione per unirsi alla sorella in questa impresa. La ragazza. non è soltanto una geisha, in realtà ha appreso anche le arti magiche e sa invocare gli spiriti. Le vittime del samurai sbandato chiedevano vendetta.
Ancora una volta, come nelle storie sugli Yokai, il soprannaturale interviene in aiuto dei deboli, che sanno cogliere questo mondo, e riporta la giustizia dove molti torti si erano accumulati.
La stanza della Bellezza
Una delle stanze è allestita come una toeletta da ricca aristocratica, con tanti kimono di diverse stoffe, un mobile con i cosmetici e i pennelli, diverse scatole dove riporre gioielli… Un mondo di bellezza assoluta, una gabbia dorata in cui rinchiudere come uccellini preziosi queste donne che invece hanno scelto la polvere, la sofferenza, il sangue. Sarà proprio osservandosi allo specchio che la Geisha troverà il suo vero sé. Vi sono due strade davanti a lei: la via del comodo, e la via del giusto.
Tante altre sono le storie raccontate in questa esposizione. Storie terribili e al tempo stesso esaltanti. Un esercito di donne che si sono scelte la via scomoda, la via della sofferenza e della battaglia, rinnegando agi e lussi per non dover indossare la maschera della bambola di perfezione apparente. Perchè dietro ad un volto perfettamente truccato, sotto una acconciatura perfettamente decorata, vi sono pensieri, emozioni, sofferenza, lacrime, aspettative, desideri, sogni… Non basta un bel vestito una toeletta lussuosa per fare la felicità.
A volte l’unica cosa che si vuole è di essere viste. Di essere apprezzate per ciò che si è fatto, anche se inaspettato e diverso dal piano previsto. IL fantasma della samurai che vaga senza pace nella collina dove si è sacrificata per il suo signore, troverà pace quando il suo sacrificio, il suo ruolo verrà riconosciuto, e una lapide, un fiore verranno posti in suo ricordo.
Quel che vuole una guerriera è di essere ricordata per ciò che ha fatto con ardore, con passione, con sofferenza e sacrificio.
Una guerriera non vuole certo essere compianta per ciò che non è stata, per il ruolo nella gabbia dorata che ha scelto di evadere.