La scalata della Grigna: Rifugio Brioschi
Scrivo un paio di giorni dopo… La scalata l’ho fatta venerdì 7 luglio 2023 con mio figlio. Una gita progettata da mesi, sognata da anni, e pensata e realizzata per festeggiare il suo esame di Maturità. E’ proprio così: le cose importanti della vita, quelle che ci motivano e ci fanno stare bene non sono cose materiali, sono il tempo e il modo in cui decidiamo come spenderlo.
Partiamo dallo studio della carta, perché nell’alpinismo si parte sempre da lì. Poi ho studiato su tanti siti e visto tanti video di persone che ci sono state… Alcune le ho anche proprio contattate per chiedere delucidazioni e informazioni. Ma di base, quando si progetta un’escursione in montagna, bisogna partire dalla carta, così quando si vedono i video e si leggono le informazioni si capisce di cosa parlano.
Questa mappa l’ho realizzata io disegnando a matita e poi colorando con le matite e gli acquerelli.
Vi lascio il link di una guida che ha fatto questo cammino: Marco Servettini.
Ho realizzato questa mappa con acquerelli e matite colorate e china.
Ecco il breve video del Making of:
Il percorso che ho scelto parte dal Rifugio Cainallo, a Esino Lario, raggiungibile o da Varenna o da Bellano sul Lago di Como. Ci sono diversi cammini per raggiungere il Rifugio Brioschi. Ho studiato per settimane i diversi sentieri. Il più bello, sicuramente come panorami, parte dal parcheggio del Vo’ di Moncodeno a 1400 m circa, poco sopra il rifugio Cainallo. Si procede nel bosco fino alla Bocchetta di Prada, e poi si svolta per la Cresta di Piancaformia sentiero n. 19. L’abbiamo percorsa fino a che il sentiero è segnato. Poi, poco dopo la Bocchetta del Guzzi, vedendo sotto di noi la pista proveniente dal Rifugio Bogani n 25, la via Ganda, l’abbiamo raggiunta facilmente per concludere l’ultimo tratto in sicurezza dentro al canalone, e non più in cresta.
Al ritorno, siamo scesi dal sentiero n. 36, sebbene volessimo scendere dal n 25, ma non era facile distinguerli poiché c’era praticamente un reticolo di sentieri, ma faceva poca differenza. Il motivo è dovuto al fatto che al rientro in discesa è sempre più prudente scegliere il percorso più facile e protetto. Siamo quindi arrivati al Rifugio Bogani per poi risalire fino alla Bocchetta di Prada e ritornare dal sentiero da cui eravamo venuti.
Ma vediamo con ordine: Qui siamo al Rifugio Cainallo raggiungibile in auto
dove si acquista il ticket per il Parcheggio al Vo’ di Moncodeno poco più su a 1400m.
Ho pensato questa gita da tantissimo tempo, e quest’anno si è creata la situazione perfetta per provarci: mio figlio ha appena fatto la maturità e ci tenevo a dargli un regalo che rimanesse in memoria per sempre.
Non conta tanto l’oggetto che si regala, ma cosa si vuole dire con quel regalo. Finire la scuola superiore e scegliere la facoltà di università è un momento particolare della vita, non basta un regalo qualsiasi, per quanto costoso.
Siamo benestanti non abbiamo bisogno di nulla. A parte il tempo di parlarci veramente, di esserci per chi amiamo.
Ci incamminiamo dunque sul sentiero n.24 che punta perso la prima sella: la Bocchetta di Prada. Si devono seguire le indicazioni per il Rifugio Brioschi, Bogani e Bietti.
In questa fase il sentiero è comune.
Il sentiero guarda verso la valle dove scorre il torrente Pioverna, e le case che si vedono a valle sono Cortenuova.
Il sentiero si inoltra dentro ad un bosco di lecci e sale abbastanza decisamente verso l’alto.
Si seguono le indicazioni per il Rifugio Bietti, il Rifugio Brioschi sentiero n 24, e la Cresta di PIancaformia, sentiero n 19 che per ora sono comuni.
Poco dopo nel bosco si arriva ad una biforcazione. Bisogna leggere con attenzione tutti i cartelli, poiché un sentiero a sinistra conduce al rifugio Bogani e poi al Brioschi. E’ la Via Ganda, sentiero n. 25, che scende per un pezzo facendo “perdere” almeno 500 m di dislivello per cui la salita al Brioschi risulta complessivamente con un dislivello ancora maggiore, dato che è la somma delle due salite.
Invece il sentiero di destra sale subito decisamente ripido per portarci in quota alla Bocchetta di Prada e successivamente alla Cresta di PIancaformia.
La Porta di Prada
Dopo una salita ripida di almeno 200 m si arriva alla Bocchetta di Prada, un punto di sella, dove è possibile vedere appunto la Porta di Prada. La caratteristica roccia con il buco all’interno dove passa il sentiero che conduce al Rifugio Bietti-Buzzi n. 24.
Questa roccia fa pensare ad un paesaggio da Signore degli Anelli, qualche porta dei Nani, che conduce al Regno sotto la Montagna. In effetti vedremo che più in alto la montagna è ricca di caverne e abissi in cui non si vede il fondo…
Passandoci attraverso si arriva in qualche regno fuori dal mondo… ma non ci serve passare da lì per sentirci già altrove dalla quotidianità. Più saliamo lungo il sentiero e i paesaggi si aprono sotto di noi, più si allontana la città, e le logiche innaturali a cui siamo sottoposti nel quotidiano.
Il sentiero sale parallelamente al cammino n 24 che conduce al Bietti e ci regala scorci del Lago di Como, ma da una distanza così remota da sembrare lontano anche nel tempo. Adesso ci sono le rocce che come ossa sporgono da un corpo lussureggiante di verde erba e betulle e pini e poi canaloni spogli e ripidi come torri di un castello inespugnabile.
Si giunge infine ad un altro punto di sella dove è posta una cappella commemorativa per i caduti della Brigata Garibaldi Fratelli Poletti. Questo è l’ultimo bivio in cui scegliere se si vuole andare più sotto al rifugio Bogani o se si vuole salire in cresta sul sentiero 19, o ancora scendere al rifugio Bietti nel versante della Porta di Prada. Seguiamo la traccia 19 e ci incamminiamo per il sentiero che sale tra gli alberi e punta verso la cresta.
La Cresta di Piancaformia
Alla Bocchetta di Piancaformia ci lasciamo alle spalle gli ultimi alberi e poi il sentiero sale molto ripidamente, ma quasi non si riesce a darsi pena per la fatica, poiché la vista che man mano si apre sotto di noi ripaga di ogni affanno.Torrioni di massi abitati da erba verde soffice come velluto scendono a picco e si può solo immaginarne la fine, tanto profondo è l’abisso alla nostra destra. E sempre lo stupore di vedere dall’alto il lago che tante volte abbiamo visitato dal basso, facendoci il bagno l’estate scorsa.
La salita diventa impegnativa: a tratti sentiero su rocce e massi, a tratti quasi arrampicata… e si sale come Gollum usando mani e piedi. Non soltanto il fiato finisce perché si fanno dei tratti salendo veloci, ma anche il cuore pompa a mille. Non è un sentiero per principianti e non lo consiglio a chi soffre di vertigini o non ha mai fatto queste cose fin da bambini, perché la determinazione a salire proviene dalla tranquillità di saperlo fare.
Io ho fatto alpinismo con i miei genitori fin da bambina e dieci anni fa ho avuto occasione di fare una salita in solitaria sulla Papessa nei monti Sibillini, e Paolo aveva fatto qualche anno fa un corso di arrampicata. Perciò spesso era lui a dirmi come salire meglio, mentre io avevo la tranquillità dell’esperienza in montagna in generale.
Più tecnica della mia formazione, devo dire, questa salita, ma unendo le due esperienze siamo riusciti a salire senza paura e senza mai mettere in dubbio il nostro obiettivo.
Siamo molto in alto adesso e solo l’erba si alterna tra le rocce nude e bianche. Piccoli fiori gialli simili a primule resistono al venticello che sale dal basso. Si vedono ormai entrambi i rami del Lago di Como.
Avevo sperato di trovare compagnia nell’affrontare la Cresta di PIancaformia e all’improvviso da dietro di noi ci raggiunge un ragazzone: un montanaro che fa il nostro stesso itinerario, e mi conferma che la salita è fattibile poiché è segnata fino alla Bocchetta del Guzzi circa.
Facciamo alcune creste con lui, poi essendo troppo lenti, ci lascia dietro, dandoci indicazioni per dove cercare di ricongiungerci con il sentiero n 25 proveniente dal rif. Bogani. In verità sono io che ho bisogno di andare più piano, comincio ad essere senza fiato, ma l’entusiasmo di essere qui e condividere questa esperienza incredibile con mio figlio è il carburante della mia testardaggine.
Arriviamo alla Bocchetta del Guzzi, dove arriva il sentiero n 28 dal Rifugio Bietti.
Si vede Lierna sotto di noi sul lago. Mentre alla nostra sinistra vediamo un paesaggio di rocce e prati diventare sempre più spoglio nella luce assolata di mezza mattina.
Vediamo sotto in noi il sentiero n. 25 e abbandoniamo la cresta per metterci al riparo nel canalone che sale verso il Rif. Brioschi. Il paesaggio diventa quasi lunare, rocce bianche e spoglie tra pochi ciuffi di erba o muschi verdissimi e ispidi al tatto come moquette. Il silenzio qui si fa totale, non si sentono nemmeno gli insetti, solo le nostre voci, e quando taciamo il nulla. Sembra di essere sulla terra prima della creazione degli animali.
E questo silenzio ti riempie il cervello, pulendolo da tutti i futili pensieri, gli inutili affanni delle giornate cittadine. E sei per forza presente solo al presente perché devi essere totalmente in quel che fai.
CI sono tratti serviti da catene per salire più sicuri e alcuni punti in cui arrampicarsi aiutandosi anche con le braccia e le mani che si tengono ad appigli e corda fissata sulla roccia. Ma ormai il rifugio è in vista… lontano in alto, ma si vede.
L’Abisso
Abbiamo visto anche l’Abisso “W le Donne” di cui parlavano alcuni video. Abbastanza impressionante dal momento che non si vede il fondo ed è abbastanza largo di diametro, direi tra 10 e 15 di metri.
Saliamo faticosamente ma velocemente, ormai il rifugio si avvicina e ci motiva a continuare nonostante le gambe siano stanche e il fiato corto.
E finalmente siamo in vetta, ce l’abbiamo fatta.
Il Rifugio Brioschi
Siamo al Rifugio Brioschi 2410 m.
Sotto di noi la terra, con le città, i laghi, i fiumi, e lontana la pianura avvolta nella calura e nella foschia, e noi quassù come su un aereo, vediamo laggiù una vita che nella mente non esiste se non in vago ricordo. Ora ci sono le rocce, come torri severe e ripide, e i sentieri che come ipotesi di cammini possibili si aprono a raggiera in tante direzioni, come suggerisce il piatto con i nomi delle vette e dei luoghi a 360°.
E in questa immensità si annega il pensier mio, e il naufragar mi è dolce in questo mare.
La croce nel punto più alto è addobbata con collane, sciarpe, corde, lacci di ogni tipo, colore e nazionalità. Riconosco persino un fazzoletto di seta con scritte in thailandese.
E c’è pure una targa a ricordo di un alpinista. Mi commuove. Ha il volto messo come il disegno che ho fatto di Paolo. E’ proprio vero: le cose importanti non sono cose. Sono il tempo e come decidi di spenderlo. Sono felice di questo tempo. Di questa scalata.
L’interno del rifugio è piccolo, raccolto, come una casa, tutto rivestito in legno. Fa freddo e ci vestiamo con la maglia termica e la giacca a vento.
E dopo il pranzo finalmente consegno a mio figlio il regalo che avevo preparato per lui: è un braccialetto con inciso il Motto di Guido Monzino, l’esploratore che abbiamo scoperto quando abbiamo visitato la Villa del Balbianello sempre sul Lago di Como.
Un passo alla volta si conquistano le vette
Il mio augurio per la fine di un periodo e l’inizio di uno nuovo. Il senso di fare una salita come questa lo si capisce a tanti livelli, dipende dall’esperienza che si accumula vivendo. Si può apprezzare come avventura immediatamente, ma l’insegnamento che ci dà è molto più profondo, e lo si comprende andando avanti negli anni.
Persino quassù ci sono dei piccoli fiori incastonati in questi minuscoli giardini incontaminati.
La discesa
E infine ci incamminiamo per la discesa. Vogliamo tornare passando dal Rifugio Bogani, perchè è la via più sicura in discesa, inoltre facendo un percorso ad anello vedremo un paesaggio diverso dall’andata.
Il paesaggio lunare silenzioso ci regala comunque l’emozione di vedere uno stambecco in alto lontano, e poi lascia il posto ai primi spiazzi di verde e vedo una genziana. Scendiamo ancora e raggiungiamo i primi larici. E qui in contriamo un camoscio che sorpreso dal nostro arrivo si allontana in fretta.
Siamo scesi senza trovare esattamente la segnaletica del sentiero perciò dal tracciato che ho visto sull’app di mio figlio si direbbe che abbiamo seguito o il sentiero n. 25 o il n. 36. Arriviamo al Rif. Bogani. E qui alla cappelletta inizio a ringraziare davvero per la giornata.
Anche questo rifugio è molto accogliente tutto in legno.
Proseguiamo il cammino in discesa attraverso i pascoli, passiamo di fianco ai due roccioni chiamati “Il Frate e la Monaca”e poi di nuovo nel bosco di lecci. E infine dobbiamo risalire fino alla biforcazione dove all’andata abbiamo svoltato a destra verso la Bocca di Prada.
E infine siamo in vista del parcheggio, e alla casetta della Madonna. Ringrazio ancora una volta per la bellissima giornata, per il tempo che mi è stato concesso per dire tutte le cose che non si possono dire solo con le parole.
L’impresa di oggi è il regalo più bello per tutti e due. La ricorderemo per sempre.
La musica giusta è “Time” di Hans Zimmer
E se vuoi vedere anche la realizzazione della mappa eccola: